Alzheimer, l'importanza della diagnosi precoce

Torna la Giornata mondiale dell'Alzheimer, una malattia che rappresenta una delle prime cause di disabilità tra le persone anziane.  Venerdì 21 settembre, la giornata dedicata a questa patologia, istituita nel 1994 dall’Organizzazione mondiale della sanità, è un'occasione per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica su una patologia dal forte impatto sanitario e sociale, quando viene diagnosticata porta spesso le famiglie in una condizione di sofferenza e difficoltà. 

Il morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza, ovvero di perdita di memoria e di altre abilità intellettuali che, manifestandosi in modo progressivo, vanno ad interferire con la vita quotidiana della persona.

Il morbo non va confuso con l’invecchiamento, anche se è una malattia che aumenta il suo rischio di insorgenza con l’aumentare dell’età (la maggior parte dei casi vengono riscontrati intorno ai 65 anni, ma può esserci anche insorgenza anticipata tra i 40 e 50 anni).
Nelle sue fasi iniziali, la perdita di memoria è leggera, ma nella fase avanzata le persone perdono la capacità di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente che li circonda. 
Anche se attualmente non esiste una cura, con una diagnosi precoce si può agire per rallentare temporaneamente il peggioramento dei sintomi della demenza e migliorare la qualità della vita delle persone colpite e di chi le assiste.

È fondamentale riuscire a riconoscere per tempo i sintomi. Le abilità della persona colpita da morbo di Alzheimer cambiano gradualmente, i sintomi possono variare da persona a persona e avere un decorso più o meno veloce.

Secondo il sistema sviluppato da Barry Reisberg, M.D., direttore clinico del Dementia Research Center (Centro di Ricerca sull’Invecchiamento e la Demenza) della New York University School of Medicine, si possono individuare sette fasi che segnano il declino cognitivo che da lieve diventa moderato fino al declino cognitivo grave. 

Nella fase lieve, solitamente amici, familiari o colleghi di lavoro iniziano a notare alcune stranezze e difficoltà. Occorre richiedere una visita accurata, i medici possono essere in grado di rilevare problemi di memoria o di concentrazione (ad es. evidenti difficoltà a trovare la parola; problemi a ricordare i nomi quando vengono presentate nuove persone; dimenticare cose appena lette…).
Nella fase moderata, le lacune nella memoria e nel pensare diventano evidenti, le persone cominciano ad avere bisogno di aiuto per svolgere le attività quotidiane. In questa fase, chi è affetto dal morbo di Alzheimer potrebbe: non essere in grado di ricordare il proprio indirizzo o numero di telefono; dimenticare la scuola superiore o l'università presso la quale si è laureato; confondersi sul luogo in cui si trova; avere difficoltà a ricordare il giorno o la data attuale; avere problemi con l’esecuzione di facili calcoli matematici; non  riconoscere l’abbigliamento adeguato per la stagione.
Nella fase avanzata di declino cognitivo grave, possono aver luogo: cambiamenti di personalità; le persone hanno bisogno di notevole aiuto per svolgere le attività quotidiane, come mangiare o andare in bagno; si perde la consapevolezza delle esperienze più recenti e di ciò che li circonda; difficoltà a ricordare il proprio nome, a riconoscere le persone, a perdersi per strada.

Il Gruppo Santo Stefano Riabilitazione attraverso team multidisciplinari che operano nelle nostre strutture attiva percorsi personalizzati e progetti terapeutici per la presa in carico di pazienti affetti da Alzheimer.

ALCUNI CONSIGLI PER INVECCHIARE BENE 

Non ci si pensa finché non accade, ma chi si avvicina ai 60 anni deve essere consapevole dei rischi di sviluppare demenza e provare a giocare d’anticipo per rallentarne il corso.? Ecco alcuni preziosi consigli su come prendersi cura di sé e del proprio cervello per invecchiare bene:

1) Mantenersi sempre attivi
. Non fermarsi. Per tenere viva la mente è fondamentale dedicarsi anche dopo la pensione a qualche hobby o partecipare ad attività ricreative o sociali come la pittura, il giardinaggio o, perché no, il volontariato. 

2) Allenare la mente. Il cervello deve essere mantenuto acceso, perciò la comunità scientifica ritiene che la lettura, i cruciverba e il gioco con i nipotini facciano bene. 

3) Evitare di fumare. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms),  smettere di fumare riduce il rischio di demenza: l’incidenza della patologia è più alta tra i 65enni che fumano, mentre è più bassa tra gli ex-fumatori e chi non ha mai fumato.

4) Evitate lo stress il più possibile. La demenza spesso colpisce chi ha subito delle forti tensioni emotive causate da situazioni come il pensionamento, la perdita del coniuge, l'uscita dei figli da casa, per questo è importante cercare di mantenere vivi i propri interessi, distrarsi, socializzare e prendersi cura di sé.

5) Mangiare in modo sano. L’Oms consiglia di ridurre per esempio il consumo giornaliero di sale, passando dagli attuali 9-12 grammi a 5 grammi per adulto al giorno. Ciò facilita il mantenimento della pressione sanguigna a un livello non pericoloso per la salute. Ancora è importante bere pochi alcolici.

6) Occhio alla depressione e al diabete. Depressione e diabete sono fra le patologie che sembrerebbero aumentare il rischio di demenza. Vanno diagnosticate e curate. 

7) Prendersi cura del cuore. La salute del cuore sembra essere legata allo sviluppo delle demenze tanto che l’Oms consiglia ai governi un aumento della copertura terapeutica a favore degli anziani di 50 anni il cui rischio di un attacco di cuore o ictus nei 10 anni successivi sia superiore al 30% o di chiunque abbia già avuto un attacco?di cuore o ictus.

8) Attenzione ai cedimenti di memoria. Una cosa è l’invecchiamento normale, un’altra quello patologico. Se notate che un vostro anziano inizia ad apparire disorientato, ad avere comportamenti bizzarri e inusuali, improvvisi sbalzi d'umore, o se capita a volte che non ricordi che giorno o che anno è, o non ritrovi la strada di casa, chiedete la consulenza del neuropsicologo.

 

 

 


2018-09-21