Disturbi del linguaggio. L'intervento logopedico in età evolutiva

La comunicazione umana è la risultante di un complesso processo interazionale che consente a due o più soggetti di trasmettersi reciprocamente informazioni di variabile complessità.

Lo scambio comunicativo si avvale di competenze di tipo verbale che utilizzano il canale acustico-fonatorio e di competenze di tipo non verbale come movimenti del corpo, movimenti oculari, modulazione della distanza e del contatto interpersonale. La parola “comunicare” deriva dal latino cum= con e munire=legare, costruire; communico= mettere in comune, far partecipe; già dall’etimologia  della parola comunicare è pertanto insito il significato di “condivisione”; pertanto nelle relazioni sociali comunicare significa andare oltre il significato letterale  e sfruttare il contesto per costruire significati condivisi (G. Valeri).

I bambini, fin da piccoli, vengono al mondo con un’innata predisposizione a stabilire una relazione sociale con chi si occupa di loro; i primi richiami non intenzionali (pianto, riso) del bambino provocano una risposta da parte di coloro che circondano il bambino ed è proprio grazie alla condivisione che questi richiami acquistano progressivamente per il piccolo un gran significato, attorno ai 9 mesi di vita si può parlare della nascita di una vera e propria comunicazione intenzionale. In breve tempo si passa da una comunicazione preverbale basata principalmente sull’uso di gesti  ad una comunicazione di tipo verbale dove il linguaggio diventa il principale mezzo di comunicazione. Attorno ai due anni i piccoli sono già in grado di mettere insieme due o più parole e formare delle frasi.

Ma cosa succede quando lo sviluppo del linguaggio non segue quelle che sono le tappe attese dallo sviluppo tipico? È qui che ci si trova di fronte ad un disturbo della comunicazione; il disturbo della comunicazione può essere definito come una compromissione della capacità di entrare in relazione e comunicare con gli altri individui per molteplici fattori (deficit uditivi e visivi, ritardi o disturbi di sviluppo, disturbi di linguaggio, disturbi dello spettro autistico). Secondo la classificazione dei disturbi del neurosviluppo (DSM-5 APA 2013), all’interno dei disturbi della comunicazione, rientrano: disturbi specifici di linguaggio, disturbo fono-articolatorio, disturbo socio-pragmatico comunicativo e balbuzie.

Proprio per l’estrema variabilità dei disturbi comunicativi ci si trova di fronte ad una matassa da dipanare notevolmente intricata e, per un corretto intervento riabilitativo, punto di partenza  fondamentale è l’esecuzione di una valutazione accurata che faccia riferimento ai relativi modelli di sviluppo e che utilizzi strumenti appropriati di tipo indiretto (questionari, check list) o diretto (osservazioni cliniche non strutturate e test standardizzati). L’intervento logopedico dovrà tenere conto di una serie di fattori quali l’età del bambino, il livello delle competenze linguistiche, la gravità del disturbo della comunicazione e i bisogni del piccolo e della sua famiglia; pertanto non esiste un unico modello di intervento universalmente valido ma bisogna tenere conto delle caratteristiche specifiche ed individuali di quel bimbo e del suo stile di apprendimento. Compito dell’equipe riabilitativa sarà quello di fornire alla famiglia, agli insegnanti e al gruppo dei pari le strategie comunicative più appropriate al fine di ottenere una migliore performance comunicativa nei diversi contesti e di ottenere una migliore qualità di vita.

A cura di Chiara Moschini logopedista Centro Cardinal Ferrari Santo Stefano Riabilitazione 


2019-04-11