La Pet Therapy applicata all’Alzheimer

La Pet Therapy può essere di aiuto ai malati di Alzheimer. A testarla, è la Rsa di Montecosaro “Santa Maria in Chienti” di Santo Stefano Riabilitazione (Gruppo Kos), che da tempo lavora sui vantaggi della filosofia pet friendly nella qualità della vita sia degli ospiti che degli operatori. Tanto da aver adottato una cagnolina, Bea, selezionata e addestrata, che seguita dall’equipe è entrata in modo strutturato nelle attività di Pet Therapy della Rsa con benefici e risultati positivi sugli ospiti (e anche famigliari) della struttura. Il progetto “Pensare e ricordare a 6 zampe” presso la Residenza S. Maria in Chienti si è sviluppato con l’obiettivo di: evocare e rinforzare sentimenti positivi; ridurre gli atteggiamenti negativi anche nel post seduta; migliorare, nel complesso, il tono dell’umore nell’ottica di aumentare il benessere psico-fisico di ciascun paziente coinvolto nell’attività.

Uno degli ambiti in cui la “pet therapy” trova maggior spazio ed efficacia è quello delle strutture assistenziali per pazienti geriatrici e con diversi livelli di demenza.

Secondo alcuni studi pubblicati negli ultimi anni (Bernabei et al., 2013 ; Filan et al., 2006), in questi contesti, l’animale funge soprattutto da “stimolo sensoriale”, “supporto emozionale” e “catalizzatore sociale”: dalla letteratura emerge come gli IAA intervengano soprattutto nel modulare l’aggressività e l’agitazione e nel migliorare, nel breve termine, la collaborazione con gli operatori di struttura (Kanamori et al., 2001; Edwards et al., 2002). Inoltre, vengono segnalati il miglioramento del tono dell’umore e l’aumento delle interazioni sociali spontanee ed infine, un aumento, nel lungo termine, dell’attività motoria e della reattività emotiva (Kawamura et al., 2007).

“Il progetto Pet Therapy è previsto per tutti i nostri anziani, ma abbiamo avviato anche un programma specifico per chi soffre del morbo di Alzheimer – spiega la dottoressa Monica Pennesi direttore della Rsa -. Si tratta di ospiti che vivono una situazione delicata e ci stiamo concentrando per verificare i benefici delle attività sui comportamenti, dalla sfera delle emozioni al mantenimento delle autonomie della vita quotidiana”.  

Gli stimoli cognitivi e motori che vengono generati dal contatto e la relazione con il cane sono legati al “prendersi cura”, quindi la ripetizione di attività come: dare da mangiare, portare a passeggio, spazzolare il cane. Compiti che sono strettamente connessi alla motivazione a fare.

Uscire per la passeggiata all’esterno ed interagire con il cane consentono di mettere in moto processi più complessi, come ad esempio provare un percorso intorno alla struttura e ricordare la strada.

“I risultati sono tangibili – continua la Pennesi -. abbiamo dati misurati con scale di valutazione che dimostrano come l’atteggiamento e l’autonomia psicomotoria migliorino grazie alla motivazione e alle sensazioni positive che la pet therapy riesce a stimolare nell’ospite”. Incidendo anche sul buon umore della giornata e la qualità della vita in struttura.

LA PET THERAPY IN RSA, VERSO LA FASE FINALE 

Il progetto di Pet Therapy della Residenza di Santa Maria in Chienti si è ora avviato alla fase finale di consolidamento e di razionalizzazione dell’esperienza vissuta, da rielaborare anche a distanza di tempo dal termine del progetto con un follow up.  Il progetto ha visto due fasi di cinque incontri. 

Inizialmente, sono state coinvolte 18-20 persone per un totale di cinque incontri, tra giugno e luglio 2017. Durante ogni incontro erano presenti due coppie operatore-cane delle associazioni “Castel Lornano” e “Il mio Labrador”.  Di fondamentale importanza è stato ripresentare gli stessi binomi per tutta la durata degli incontri, così da rassicurare gli utenti con una maggior costanza. I cani impiegati erano Emma, un Labrador Retriever femmina, di 7 anni , di colore nero, e Camilla, Golden Retriever femmina, di 7 anni, color crema. In contemporanea, un terzo operatore dell’associazione “Il mio Labrador” seguiva le attività dei dipendenti di struttura con Bea, cane adottato dalla residenza e in preparazione alla pet therapy.

Durante i primi 5 incontri si sono avvicendate: la fase iniziale di costruzione della relazione pazienti-cani; una fase intermedia di attività orientate al raggiungimento degli obiettivi fissati.

All’interno di questa prima sessione si è riusciti ad instaurare un rapporto di fiducia e conoscenza tra gli operatori di pet therapy, i cani e gli ospiti della struttura; dopo l’iniziale ritrosia di alcuni, nel giro di due incontri tutti gli utenti partecipano alle attività.

Ciò che ha colpito è il fatto che, ogni utente che si relazionava con il cane, partecipava con la volontà e la riscoperta di sentirsi utile ed in grado di fare qualcosa (spazzolare il cane, portarlo a passeggio, dargli il cibo).  Tra una seduta e l’altra venivano fornite delle attività di consolidamento di quanto fatto/appreso, attraverso, ad esempio, la compilazione di una carta di identità dell’animale e la rielaborazione di quanto vissuto mediante la proiezione delle foto scattate durante gli incontri.

Al termine dei primi 5 incontri ha avuto luogo una riunione tra il personale della residenza e gli operatori di pet therapy per confrontarsi sugli obiettivi raggiunti e sulle modifiche da apportare nel corso dei 5 incontri successivi (dal 5 settembre al 3 ottobre).

Si è riscontrato un buon livello di soddisfazione da entrambe le parti e, con l’ottica di offrire un servizio migliore, si è individuata la necessità di suddividere l’utenza in gruppi omogenei per obiettivi (motori o cognitivi-relazionali) così da strutturare in maniera più specifica le sedute.

 


2017-09-22