Il ruolo della Psicomotricità in riabilitazione

Fa parte del team riabilitativo e lavora in equipe per il recupero delle funzioni cognitive e motorie del paziente, in particolare per superare le difficoltà relazionali e di percezione del sé nei pazienti in età evolutiva (0-18 anni). Parliamo del Neuropsicomotricista, una figura professionale oggi pienamente integrata nei programmi terapeutici nelle aree dello sviluppo infantile. “Si tratta di un’attività riabilitativa che si svolge con sedute quotidiane per i pazienti ricoverati nel reparto – spiegano Paola Abbati e Daniela Colla psicomotriciste del Centro Cardinal Ferrari, la struttura del Gruppo Santo Stefano specializzata nella riabilitazione delle gravi cerebrolesioni in età adulta ed evolutiva - . I bambini che trattiamo hanno bisogno di un recupero neurologico funzionale motorio. Dal paziente complesso con trauma cranico all’autismo fino ai disturbi di apprendimento, come disgrafia, disprassia, discalculia, e comportamentali”.

 In cosa consiste l’attività?
“L’attività psicomotoria lavora sull’aspetto percettivo dell’atto motorio, sviluppando la  percezione corporea del sé, con l’obiettivo di riacquistare funzioni fondamentali come l’orientamento spaziale, il movimento consapevole e l’autonomia. Si parla, infatti, di psicomotricità fine, globale e prassica. Viene valutato il bambino nella sua globalità rispetto ai danni individuali subiti. Lavoriamo con le altre figure professionali in un percorso multidisciplinare, l’attività è sempre finalizzata da obiettivi condivisi da raggiungere insieme all’equipe”.

Come si affianca alla fisioterapia e come si differenzia?
“La finalità è sempre condivisa e l’attività è contemporanea ad altre figure professionali. Per esempio, la fisioterapia è più un’attività tecnico motoria del movimento; la psicomotricità riguarda il vissuto corporeo e la sfera senso percettiva. Si lavora dunque sulla percezione del proprio corpo, dell’ambiente circostante per finalizzare l’azione”.

Come funziona il programma terapeutico?
“Si lavora attraverso esperienze sensopercettive, con alcuni pazienti iniziando in modo passivo per arrivare ad una fase attiva in cui è lui ad agire volontariamente. La rappresentazione del sé e la percezione del proprio corpo  sono fondamentali per raggiungere questo obiettivo. Utilizziamo anche il metodo Feuerstein, che lavora sul principio della Modificabilità Cognitiva Strutturale: la possibilità di modificare la plasticità neurale stimolandola attraverso esperienze che viviamo. Ciò avviene con l’apprendimento mediato, guidato dal terapista, partendo sempre dal vissuto.”

Con quali strumenti si lavora?
“Con materiale strutturato e non strutturato nei diversi setting, dal tappeto al tavolo. Il programma è personalizzato. In generale si inizia da un’esperienza pratica per poi arrivare all’autonomia. Un esempio: non si tratta solo di avere una presa idonea della matita ma anche di riuscire ad organizzare nella mente lo spazio grafico per disegnare e scrivere. L’obiettivo è proprio di lavorare sulla consapevolezza dei propri processi mentali e sulla possibilità di modificarli. Nonesiste un protocollo di lavoro definito in partenza ma un progetto di lavoro che si modifica in base alle risposte che abbiamo durante le varie fasi del percorso.  Gli strumenti di lavoro poi si arricchiscono man mano. La psicomotricità è propedeutica all’uso degli ausili. Per esempio per arrivare alla comunicazione aumentativa è necessario che ci sia la capacità di comunicare con gli altri. Se un bambino non riesce a trasferire l’esperienza in un’immagine, non può accedere alla comunicazione aumentativa. Il paziente può indossare l’esoscheletro ma deve riuscire a rappresentare visivamente il ritmo del cammino che gli trasmette il robot e lo spazio in cui muoversi”.

La psicomotricità è efficace anche per gli adulti?
“Pur essendo nata per l’età evolutiva, viene praticata anche negli adulti. Infatti nel nostro centro lavoriamo con entrambe le fasce di età. Assume aspetti diversi: l’adulto rispetto al bambino deve riappropriarsi di funzioni che già aveva appreso e poi ha perso. Abbiamo avuto casi con ottimi risultati. Per citarne uno, con un paziente con emiparesi destra abbiamo fatto leva sulla sua passione per il disegno. Pur non abbandonando l’attenzione riabilitativa sulla mano destra, abbiamo lavorato sulla compensazione abituandolo ad usare la mano sinistra.  È stato un modo per superare la frustrazione di non poter disegnare come prima e per offrirgli la massima autonomia. Oggi è titolare di una linea di moda tutta creata con la mano sinistra”.

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Il servizio di Psicomotricità del Centro Cardinal Ferrari si rivolge sia ai bambini ricoverati sia agli utenti esterni paganti. Si svolge anche in regime Day Hospital e di Day Service. Può essere organizzata in modo individuale o anche in gruppo previa valutazione.

 

 

 

Rosaria Frisina
2019-09-19