Gli sviluppi della terapia occupazionale in età evolutiva

Lavorare in contesti di vita quotidiana per recuperare abilità perdute e raggiungere il massimo livello di autonomia nonostante i limiti imposti dalla disabilità.  È la Terapia Occupazionale, che in Italia ha dignità accademica da soli 20 anni, mentre negli Stati Uniti da oltre un secolo è una pratica standardizzata, di riconosciuta efficacia. 

Il punto su scienza e applicazioni terapeutiche di questa disciplina declinata sui bambini è stato tracciato nel recente convegno nazionale “Ruolo della Terapia Occupazionale nel progetto riabilitativo di pazienti in età evolutiva”, promosso dal Centro Cardinal Ferrari – Santo Stefano Riabilitazione di Fontanellato in provincia di Parma, e dalla Società italiana di Riabilitazione neurologica (Sirn), Sezione speciale sulla Riabilitazione in età evolutiva e Sezione regionale Emilia Romagna.

I numerosi esperti nazionali presenti hanno sancito che la possibilità di lavorare sulle funzioni del corpo con azioni della quotidianità come cucinare o giocare, consente ai bambini di comprendere meglio l’esercizio e agevola una maggiore accettazione dello sforzo. Le tecniche di terapia occupazionale rendono più naturale l’acquisizione di specifiche competenze, che risultano poi immediatamente spendibili nella vita quotidiana. Il tutto, lavorando in contesti ludici e gioiosi, che fanno apparire la riabilitazione come una reale occasione di divertimento.

“Ogni paziente che segue un programma di terapia occupazionale ha un percorso personalizzato, redatto da un team riabilitativo che accomuna medici, terapisti occupazionali, fisioterapisti, logopedisti, neuropsicologi e altri specialisti” ha spiegato la neurologa Donatella Saviola, referente del Servizio di Terapia Occupazionale del Centro Cardinal Ferrari. “Quando il nostro paziente è un bambino rivolgiamo grande attenzione alla famiglia, coinvolta attivamente. In base all’età, poi, vengono valorizzate anche esperienze di socializzazione con l’ambiente esterno, ad esempio con gli amici e la scuola che il bimbo frequenta” aggiunge la specialista. Obiettivo primario dell’intervento è infatti la promozione della migliore qualità di vita per il bambino e la sua famiglia, mettendo in campo tutte le risorse e facilitando l’accesso alle opportunità che il territorio offre.

“Perché l’occupazione diventi riabilitazione permanente occorre coinvolgere in primis la famiglia e la scuola - ha sottolineato Antonio De Tanti, direttore clinico del Centro Cardinal Ferrari – Resta poi fondamentale la sinergia tra la struttura sanitaria specializzata che effettua l’intervento e le unità di neuropsichiatria infantile e di riabilitazione presenti sul territorio in cui vive il bambino".

Anche se la terapia occupazionale è svolta perlopiù in contesti concreti, una delle nuove frontiere di questo tipo di riabilitazione è la realtà virtuale. “È fondamentale fare lavorare il bambino in un contesto di realtà virtuale senza astrarlo completamente, ma bensì offrendogli realtà digitali manipolabili – ha aggiunto De Tanti – La letteratura scientifica inoltre ha evidenziato come un setting di lavoro in realtà virtuale possa stimolare la plasticità neuronale, che è uno dei nostri principali obiettivi”.

Durante il convegno sono stati illustrati anche alcuni interessanti strumenti che il terapista occupazionale predispone per aumentare l’autonomia del piccolo paziente, come le tecnologie assistite (computer con facilitatore) per l’inserimento scolastico, la guida della carrozzina elettronica e gli ausili meccanici per il movimento, che oltre ad aiutare il bambino nello spostamento autonomo, hanno un effetto benefico sull’intero organismo.

 

 

 


2017-07-20