Emergere dal coma è possibile?

Emergere dal coma è un evento raro ma possibile. Non si tratta di un miracolo, come a volte viene rappresentato nei film, ma di un processo molto lento, che può iniziare quando la persona si trova nel cosiddetto “stato di minima coscienza”.

“I primi segni sono reazioni emotive ed inseguimento visivo. Poi, lentamente, subentra qualche consapevolezza dell’ambiente circostante, senza alcuna capacità di autogestione o di espressione dei propri bisogni” spiega Antonio De Tanti, direttore sanitario del Centro Cardinal Ferrari.

Il risveglio è molto sofferto nella maggior parte dei casi e anche l’organismo si presenta fragile e in preda ad infezioni e complicanze. “Così il recupero non è assolutamente complessivo e rapido, ma molto lento e parziale, spesso associato ad aggressività e agitazione: è la reazione di una persona che non capisce dove si trova e cosa gli stia succedendo” aggiunge lo specialista.

“Il ruolo del caregiver, il familiare di riferimento, è fondamentale, perché è lui che coglie i primi segnali di risveglio – aggiunge De Tanti - All’interno della struttura di cura il caregiver deve quindi essere rispettato e coinvolto nella valutazione multidisciplinare di ciò che ha rilevato”.

I risvegli tardivi non sono miracoli, ma studiando ogni caso in maniera approfondita si possono individuare elementi che hanno determinato la variazione di stato. Non per nulla avvengono in maggioranza in Italia, dove la normativa propende più verso l’accanimento terapeutico che all’abbandono della cura. Determinante è l’eliminazione di elementi specifici che possono avere impedito allo stato di minima coscienza di esprimersi. Ad esempio il forte dolore per la grave spasticità insorta o le cure intensive per importanti infezioni.

Non si conosce con precisione il numero di persone che vivono in stato vegetativo, ma si stima che attualmente in Italia siano circa 4.000, in parte a domicilio, in parte degenti in strutture tipo Rsa. In altri stati i numeri sono drasticamente inferiori perché si riduce il livello di cura o addirittura, dopo un tempo limitato, si propende per l’interruzione delle terapie per la sopravvivenza.

Coma Recovery Scale-Revised (CRS-R), per valutare il passaggio dallo stato vegetativo a quello di minima coscienza

Distinguere lo stato di minima coscienza dallo stato vegetativo è fondamentale per pianificare una progetto riabilitativo personalizzato orientato al massimo recupero funzionale possibile, nonostante la grave cerebrolesione.

La valutazione del passaggio allo stato di minima coscienza è svolta dai professionisti del team multidisciplinare che segue il paziente, per i quali è fondamentale parlare un linguaggio comune, cioè utilizzare strumenti di valutazione condivisi e di definita interpretazione.

>Tra i più diffusi c’è la Coma Recovery Scale-Revised (CRS-R), codificata negli Usa da oltre un decennio, da alcuni anni disponibile anche nella versione italiana, approvata dalla Simfer (Società italiana di Medicina fisica e riabilitativa) e dalla Sirn (Società italiana di Riabilitazione neurologica).

Dopo un danno cerebrale, per ictus o trauma, può sopraggiungere uno dei seguenti “disordini di coscienza?”

Coma. È lo stato più grave, in cui non vi è alcuna attività cerebrale che varia nel tempo e nessun livello di coscienza. Il corpo è come senza vita e gli occhi sono chiusi. Si resta in coma per breve tempo, poi o si muore, oppure si passa in uno degli stati seguenti.

Stato vegetativo. La maggior parte dei pazienti sopravvissuti passano a questa condizione, in cui il movimento degli occhi, spontaneo o generato da uno stimolo doloroso, indica una parvenza di vigilanza; ben diversa dalla capacità di coscienza.

Stato di minima coscienza. La persona non ha alcuna consapevolezza di sé nel mondo e neppure capacità di autogestione o di espressione dei propri bisogni. Gli occhi sono il principale indicatore: si fissano nello sguardo degli altri o ne seguono i movimenti.


2017-04-14