Arte Terapia, si studiano i benefici del teatro sui pazienti afasici

Si è tenuto a Livorno, in occasione della giornata sull’afasia del 16 ottobre, il convegno nazionale “Mente, corpo, movimento, cibo e arte nella disabilità e nell’afasia: aspetti sociali, clinici e di ricerca".

Un'iniziativa, promossa dall'Associazione afasici Toscana, che ha dato un largo spazio alle esperienze artistiche che diverse e importanti realtà riabilitative e associative svolgono per la riabilitazione dei pazienti afasici. Tra queste il Centro Cardinal Ferrari Santo Stefano Riabilitazione Gruppo KOS, per il quale ha partecipato Matteo Corati responsabile del laboratorio di Arte Terapia. 

"Ho raccontato la nostra esperienza di arte terapia e di teatro che da ormai tredici anni si svolgono come attività strutturate al Centro Cardinal Ferrari - racconta Corati -, siamo stati fra i primi a inserire queste attività nell’ambito della riabilitazione neurologica portando sul palcoscenico pazienti afasici.

Quale impegno comporta il teatro per un afasico?

"Mettere sul palcoscenico un paziente afasico significa porlo di fronte a tutti i suoi demoni; come uomo di teatro posso affermare che tutti i professionisti soffrono l’ansia da prestazione, immaginiamo come per un afasico l’ansia e la componente emotiva siano ostacoli a volte insormontabili alla libera espressione. Per queste ragioni acquista importanza la pratica laboratoriale che attraverso esercizi articolati e studiati in una corretta successione, portano il paziente ad allenare l’espressività, l’utilizzo della voce, la memoria e la corretta gestione dell’ansia. In altre parole si asseconda la disarticolazione dei blocchi, di quegli automatismi che agiscono su più livelli, emotivo, fisico, lessicale, per spingere il paziente ad agire".

I risultati finora sono positivi?

"In teatro ho visto compiersi degli autentici miracoli e molti dei nostri pazienti li ho ritrovati al convegno come partecipanti delle varie attività artistiche mostrate attraverso filmati. Il nostro intervento è particolarmente importante perchè prendiamo in carico il paziente nel post-acuto, e successivamente con cadenza annuale per brevi ricoveri, e quindi fin dall’inizio li prepariamo ad affrontare il ritorno nel loro contesto sociale di appartenenza, spingendoli ad uscire, a non rinchiudersi cioè nel loro piccolo mondo sicuro e ovattato, per riempire gli spazi sociali, le varie attività che altri centri o associazioni territoriali propongono e che hanno come oggetto espressivo l’arte".

L'arte, quindi, come stimolo alla riabilitazione?

"In diverse occasioni ho precisato come il mio compito sia quello di trasformare il trauma cranico nella causa scatenante che genera il fatto artistico inducendo il paziente a procedere nel suo cammino di riabilitazione, e a crescere nel suo cammino umano, influenzando e contaminando il mondo a lui circostante. Solo così l’arte diventa “viva” e “urgente”, stimolando una vera coscienza sociale. L’urgenza espressiva è sempre presente nelle opere pittoriche dei nostri pazienti nelle quali tentano di esprimere per immagini, ciò che non riescono a esprimere attraverso il linguaggio, e questo fu alla base del successo della prima mostra allestita al castello di Fontanellato già nel 2010, e dei dieci spettacoli teatrali già messi in scena."

Un percorso che guarda quindi oltre al periodo ospedaliero?

"La nostra attività è importante non solo in fase riabilitativa, ma anche nel post-riabilitativo per dare nuove prospettive di vita, di espressione, a questi pazienti che sono come preziosi scrigni da aprire e da scoprire per arricchire la società e toglierla da qull’autoreferenzialismo dominante che l’opprime". 

a cura della Redazione Santo Stefano News
2021-10-28