Sono 8 milioni e 600mila consumatori a rischio, 68mila persone alcoldipendenti prese in carico dai servizi alcologici. Questi alcuni dati contenuti nella Relazione al Parlamento sugli interventi realizzati nel 2018 in materia di alcol e problemi correlati, trasmessa dal ministro della Salute Giulia Grillo alle Camere il 29 aprile 2019.

Un problema rilevante anche in campo riabilitativo.  L' Ospedale San Pancrazio Santo Stefano Riabilitazione, specializzato nella riabilitazione alcologica. ha apportato già da tempo un cambiamento di approccio nei programmi terapeutici, non più focalizzato sulla singola persona ma sul nucleo composto il più delle volte dalla famiglia ma talvolta anche da parenti stretti o amici. La centralità dell’intervento è stata spostata dalla persona alla persona con la sua famiglia nel proprio contesto socio-relazionale.

Se un tempo il familiare lasciava il proprio caro all'Ospedale San Pancrazio per tutta la durata della riabilitazione e tornava a fine ciclo a “riprenderlo” sperando nel cambiamento di quest’ultimo, oggi invece la collaborazione del caregiver è indispensabile per il cambiamento. Il nucleo diventa quindi un attore che deve poter esprimere i propri disagi ed essere aiutato a trovare una possibile soluzione, utilizzando le risorse interne e gli aiuti della rete. All’interno dell’intero programma riabilitativo il familiare è coinvolto in colloqui di gruppo denominati “Comunità familiari” dove viene informato su tematiche attuali e formato per acquisire competenze relazionali. Partecipa inoltre a colloqui psicologici con il proprio caro o individuali.

La presenza dei familiari all’interno del programma riabilitativo attraverso cicli d’incontri e colloqui è di fondamentale importanza per il raggiungimento dei risultati ma non sempre è possibile. Qui si apre un altro scenario. La famiglia dell’utente spesso risulta essere “sofferente” e con frequenza manifesta resistenze nel collaborare, entrano in gioco dei sentimenti come ad esempio la vergogna che ostacolano questo processo. Per saperne di più leggi anche Dipendenza da alcol, le nuove sfide della riabilitazione

Alcuni dati della Relazione al Parlamento

L’analisi per classi di età mostra che le fasce di popolazione più a rischio per entrambi i generi sono quelle dei 16-17enni (M=47,0%, F=34,5%), che non dovrebbero consumare bevande alcoliche e dei “giovani anziani” (65-75 anni). La prevalenza di consumatori a rischio di sesso maschile è superiore a quelle delle donne per tutte le classi di età, ad eccezione di quella dei minorenni, dove invece le differenze non raggiungono la significatività statistica.

I dati sull’alcoldipendenza mostrano la presa in carico nel 2017 presso i Servizi Alcologici di circa 68mila (67.975) soggetti. Il 27,1% dell’utenza complessiva è rappresentato da utenti nuovi; la quota restante da soggetti già in carico dagli anni precedenti o rientrati nel corso dell’anno dopo aver sospeso un trattamento precedente. Il rapporto M/F è pari a 3,5 per il totale degli utenti. A livello regionale questa maggiore presenza maschile risulta più evidente al centro-sud.

L’analisi per età evidenzia che il 75,1% dell’utenza ha un’età compresa tra i 30 e i 59 anni, mentre i giovani al di sotto dei 30 anni rappresentano il 7,5% dei soggetti trattati; non trascurabile è la quota degli individui di 60 anni e oltre pari al 17,4%.

La bevanda alcolica maggiormente consumata è il vino (48,1%), seguito dalla birra (27,1%), dai superalcolici (10,3%) e dagli aperitivi, amari e digestivi (5,5%). La distribuzione degli utenti per tipo di bevanda alcolica di uso prevalente è molto variabile regionalmente: il vino è utilizzato in genere più frequentemente al nord mentre la birra e i superalcolici al sud.

Nel corso del 2017 si sono verificati complessivamente 39.182 accessi in Pronto Soccorso caratterizzati da una diagnosi principale o secondaria attribuibile all’alcol. Di questi il 70% si riferisce ad accessi di maschi e il restante 30% ad accessi di femmine. La distribuzione degli accessi in Pronto Soccorso per triage medico mostra che il 64% degli accessi avviene in codice verde, il 20% in codice giallo, il 13,5% in codice bianco e il 2% in codice rosso.

I dati disponibili più recenti relativi ai decessi totalmente alcol-attribuibili si riferiscono all’anno 2015. Si evince che in Italia, il numero di decessi di persone di età superiore a 15 anni per patologie totalmente alcol-attribuibili è stato pari a 1.240, di cui 1016 (81,9%) uomini e 224 donne (18,1%); queste percentuali corrispondono a circa 38 decessi per milione di abitanti tra gli uomini e a quasi 1 decesso per milione tra le donne. Le due patologie che causano il numero maggiore di decessi per entrambi i sessi sono le epatopatie alcoliche e sindromi psicotiche indotte da alcolFonte Ministero della Salute  

 

(28 giugno 2019) a cura della Redazione Santo Stefano News 

 

 

 


2019-07-01